Duemila studenti con Vio e Cagnotto all’Onu per la “diplomazia del futuro”

La Stampa

apparso il 26 Marzo 2017 – di Francesco Semprini

«Change the World Model Un» (CwMun) è la tre giorni di lavori in cui i ragazzi operano in commissioni e sessione plenaria, quest’anno sul tema dell’«Africa emotion».

NEW YORK – Oltre duemila studenti, di cui mille italiani, sono stati i protagonisti della seduta straordinaria all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove è andata in scena la «diplomazia del futuro». Si chiama «Change the World Model Un» (CwMun), ed è la tre giorni di lavori in cui i ragazzi operano nella doppia formula delle commissioni e della sessione plenaria, quest’anno sul tema dell’«Africa emotion».

L’iniziativa, giunta alla settima edizione, è dell’Associazione Diplomatici, Ong e osservatore permanente Ecosoc. Il metodo è quello del «learning by doing», ovvero «i ragazzi non si limitano ad ascoltare, ma mettono in pratica costantemente quello che hanno imparato», spiega Claudio Corbino, numero uno dell’Associazione Diplomatici. Per Fabrizio Paladini, responsabile comunicazione dell’Ong, la vera capacità che i giovani sviluppano è pensare, agire e negoziare come il Paese membro che rappresentano, prescindendo dalle idee e dalla personalità di ognuno.

Ad accendere i riflettori della sessione straordinaria sono stati personaggi illustri come l’italiana Bebe Vio: «Ci sono tanti ragazzi della mia età, mi sembra di far parte del gruppo, c’è anche una mia amica». L’atleta paralimpica ironizza sui prossimi obiettivi da raggiungere: «Mi manca solo un incontro con la regina Elisabetta, dopo papa Francesco e l’ex presidente Usa Barack Obama».

In apertura è intervenuto l’ambasciatore Sebastiano Cardi, assieme ad altri ospiti d’onore come il «Goodwill Ambassador» Marco Tardelli, la tuffatrice Tania Cagnotto, il magistrato Giuseppe Ayala e il fondatore di Eataly Oscar Farinetti. Il plauso finale della diplomazia del futuro è stato per il ministro degli Esteri Angelino Alfano: «Mi auguro che questi ragazzi possano trovare un mondo più sicuro e più libero nel quale vivere, e adoperarsi con la stessa passione che già ora li accompagna».

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Tania Cagnotto e Bebe Vio all’Onu: “Ragazzi, mai arrendersi”

La Gazzetta dello Sport

apparso il 18 Marzo 2017 – di Massimo Lopes Pegna

L’esperienza della tuffatrice olimpica e della schermitrice paralimpica raccontata agli studenti, presente Tardelli. Tra urli a confronto…

NEW YORK – L’applauso più potente è per Bebe Vio e Tania Cagnotto. Neppure Marco Tardelli provoca lo stesso boato. Ma il pubblico raccolto nell’anfiteatro dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è giovanissimo: circa 2200 studenti (di cui 1050 dall’Italia, il resto da oltre 90 Paesi) dai 13 ai 20 anni. «Con questi ragazzi parlo un linguaggio identico, qui posso dire anche le parolacce», sorride Bebe entusiasta per la nuova esperienza. «Sono stata alla Casa Bianca, selfie con Obama, poi il Papa, adesso qui: mi manca giusto la Regina Elisabetta…».

MILLENIALS L’iniziativa, arrivata al 7° anno, è della Ong Diplomatici e del suo presidente e fondatore, Claudio Corbino. In 3 giorni questi studenti provenienti da 400 scuole apprenderanno come funzionano le Nazioni Unite con il sistema del «Learning by doing», come in un gioco di simulazione: «I ragazzi non si limitano ad ascoltare quello che dicono i grandi maestri, ma mettono in pratica attraverso l’esercizio delle risoluzioni Onu quello che hanno imparato. Comprenderanno che, nonostante le loro diversità, il sogno è per tutti lo stesso», spiega Corbino. L’idea di chiamare Bebe e Tania l’ha avuta Tardelli, Goodwill Ambassador dell’associazione: «Le ho scelte perché hanno dimostrato che è fondamentale non mollare mai».

SOGNARE — E’ proprio ciò che spiegano ai «millennials», assiepati sulle tribune più celebri del mondo, Bebe e Tania forti dei loro successi sportivi e non solo. «L’importante è avere una passione e un traguardo da tagliare, non necessariamente sportivo», dice la Cagnotto che dopo aver perso per un soffio la medaglia a Londra 2012, non ha mollato e ha raggiunto il suo obiettivo a Rio 2016. Spiega Bebe: «Dovete sognare, come ho fatto io quando avevo 11 anni e mi hanno staccato alcuni pezzi del corpo. Poi bisogna lottare con tenacia, ma alla base di tutto c’è il sogno».
Fanno vedere l’urlo muto di Tardelli dopo il gol nella finale contro la Germania al Mondiale dell’82 e il grido pazzesco di Bebe dopo l’oro individuale a Rio: «Sembriamo due cretini», scherza lei. E poi: «Ma è ciò che avevo dentro: l’urlo era un grazie a tutta la squadra, inclusa la mia famiglia». Sono emozionate le due ragazze: «E’ un’esperienza bellissima trovarmi in una sala così vitale e piena di storia», si guarda intorno Tania. E aggiunge: «Le nostre imprese sportive servono a mandare un messaggio di persistenza: quello di non arrendersi mai alle prime difficoltà. Il 13 maggio mi tuffo per un’ultima gara: si chiude un capitolo molto importante della mia vita finito in bellezza e se ne apre un altro»
VOLONTA’ — Dice Bebe:«Questa è la sede giusta per capire che se vuoi cambiare qualcosa, puoi farlo. In America c’è tanto da fare, ma a me piace l’Italia e voglio impegnarmi per migliorare il mio Paese». Spiega che bisogna lavorare con gli altri: «Il concetto di squadra è il più affascinante. Conquistare l’oro individuale è stata una figata, ma il bronzo a squadre con le mie compagne lo metto su un altro livello. Adesso che lavoro in uno studio di grafica, la mia squadra sono i compagni di ufficio». C’è lo sguardo al suo futuro, quello immediato («vado a Broadway a vedere il musical Il Re Leone») e quello prossimo. Racconta: «Intanto sono andata a vivere da sola, ma nel 2018 voglio trasferirmi a Milano e iscrivermi all’università, facoltà di “Relazioni pubbliche e comunicazione d’impresa”. A livello sportivo a squadre ci sono i Mondiali: dopo il 3° posto all’ultima edizione e all’Olimpiade abbiamo appena vinto la nostra prima Coppa del Mondo a squadre. Sì, stiamo sognando l’oro». Inevitabile non rimanere contagiati e sognare con lei.
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L’Onu tra guerre e profughi, ma i diplomatici sono ragazzini

LA STAMPA

apparso il 28 Novembre 2016

Ad Abu Dhabi 190 ragazzi si confrontano con i problemi del mondo

Vietnam, Yemen, Zambia, Zimbabwe… Ore 10 del mattino, Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’appello dei 193 paesi membri è appena terminato e si apre la sessione sui rifugiati. A grande maggioranza viene stabilita la durata di un minuto a intervento. I delegati in severi tailleur e azzimati abiti da uomo si alternano sul palco: quei 60 milioni di rifugiati sparsi per il pianeta riguardano tutti. L’atmosfera è grave, solenne. Vera. Solo che non siamo nel Palazzo di Vetro di New York ma nell’aula magna della New York University di Abu Dhabi, dove 190 ragazzi dai 13 ai 26 anni si esercitano nell’arte somma della negoziazione simulando tensioni e inventando compromessi.

Benvenuti al «Change the World Model United Nations Emirates», il laboratorio formativo organizzato dall’Associazione Diplomatici che, unico nel suo genere, ha ricevuto l’ok a tenersi una volta l’anno nel quartier generale dell’Onu. New York dunque, ma chi manca quella simulazione può candidarsi a Roma, Barcellona, Bruxelles e Abu Dhabi. La formula è la stessa, tre giorni di full immersion nelle dinamiche geopolitiche che giocano (sul serio) a minacciare o scongiurare guerre.
È ancora l’eco sessantottina del mondo salvato dai ragazzini? Salvato magari no, ma salvabile forse sì. Perché a incrociare nei break questi studenti pakistani, indiani, arabi, spagnoli e italiani, con le emiratine che arrivano velate fino ai piedi e poi si rilassano ragionando di Siria insieme ai coetanei, viene da pensare che con tutti i suoi limiti l’idea delle Nazioni Unite resti il timone meno improbabile per navigare nel mondo grande e terribile. Specie se affidato ai più giovani.

La simulazione è più che verosimile. Prima di partire gli studenti trascorrono quattro mesi a studiare le crisi in corso e a calarsi nel Paese assegnato loro. Poi interpretano la parte, bisticciano, mediano. C’è la 23enne Lorenza Tartaglia che rappresenta la Malesia al Security Council e pur dovendo difendere la sua alleanza con i sauditi entra in crisi quando giunge la notizia dell’ennesimo bombardamento sui civili in Yemen. C’è la liceale palestinese Leyan el Saadi che all’Assemblea Generale veste i panni della Germania e auspica un soggiorno limitato per i profughi onde evitare scontri culturali. C’è il 13enne bengalese Aain Bajwa, deciso a difendere le ragioni del suo Cile facendo pressione per un resettlement dei rifugiati finanziato dall’Onu, e c’è Alessandro Pannozzo, 19 anni, universitario romano e sviluppatore di app, che spiega con la realpolitik la sua alleanza di kazako con la Cina.

Tutti diplomatici in erba? Non necessariamente. Leonardo Chiaria, 16 anni, detesta l’antipolitica e vorrebbe diventare senatore. La 13enne danese Dimitra Fulke s’immagina dottore. L’universitario Nelson Mallé Ndoye, uno degli italiani che è qui con una borsa di studio, vorrebbe fare teatro. Il Cwmun apre la testa, spiega il 14enne milanese Francesco Ciccardi: «Questo corso è un regalo di mia madre che ha investito su di me. Imparo, capisco, cresco».

E pensare che tutto è iniziato nel 2000, quando Claudio Corbino ha fondato l’Associazione Diplomatici e si è inventato questo laboratorio. «Il primo anno portai al Palazzo di Vetro 45 studenti, a oggi, senza sponsor pubblici né privati, ne abbiamo mobilitati 20 mila e l’Onu ci guarda con serietà» racconta schizzando da una sessione all’altra. La scorsa primavera la sua struttura, che nel frattempo ha assunto 87 ex partecipanti al corso, ha ottenuto lo status di osservatore permanente all’Ecosoc, il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.
«Piccoli diplomatici crescono», scherza Antonio Volpe, professore di storia al liceo Virgilio di Meta. È uno degli accompagnatori: ha formato i ragazzi che ora formano lui.

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Ad Abu Dhabi Onu dei Millennials discute su mondo del futuro

ANSA

apparso il 16 Novembre 2016 – di Nina Fabrizio
Studenti di ogni paese in veste diplomatici al Change The World

ABU DHABI – Sognano un mondo debellato dalla minacce del cambiamento climatico e del terrorismo e in cui al posto dei muri ci siano porte aperte per i rifugiati. Progettano la tecnologia 2.0 da innovatori e non solo da utenti. Guardano alla globalizzazione con diffidenza e come modelli di ispirazione hanno genitori e insegnanti più che politici o star.  Intanto, calandosi nel ruolo di uno dei 193 Paesi membri dell’Onu, discutono mozioni come l’adozione di no-fly zones per scongiurare l’escalation di conflitti, affrontano eventi imprevisti come lo scoppio della crisi yemenita, elaborano risoluzioni, da proporre al voto dell’assemblea, per le quali imparano a fare lobby. Il tutto tenendo discorsi in pubblico in perfetto inglese entro il minuto e mezzo.

Non ci sono solo i neet, i giovani che non studiano, non hanno un lavoro né lo cercano. Il ritratto dei Millennials che ambiscono a intraprendere le posizioni di leadership nel mondo di domani, a interrogare i 190 ragazzi dai 13 ai 26 anni che alla New York University di Abu Dhabi hanno partecipato dal 10 al 12 novembre al Change the World Model United Nations Emirates – la simulazione diplomatica per studenti nata su modello dell’Onu e in questa edizione svoltasi nella capitale emiratina – non potrebbe esserne più lontano. Giacca, cravatta e capelli spettinati per i ragazzi, tacchi alti sotto a completi blu per le donne, ma anche velo nero indossato con naturalezza per le emiratine, i giovani del Cwmun sono una sorpresa per chi ha in mente lo stereotipo Neet.

Post-ideologici, pragmatici, spesso più trascinati da sogni individuali che collettivi, i 190 ragazzi che si sono radunati ad Abu Dhabi – 16 di loro grazie a borse di studio – arrivando da Italia, Spagna, Stati Uniti, Egitto, Pakistan e gli stessi Emirati Arabi, poco meno o poco più che ventenni, parlano già da diplomatici navigati. “Volevo fare il medico ora voglio fare la carriera diplomatica”, dice Sergio Gallo, 16 anni di Palermo. Ad Abu Dhabi ha fatto parte della historical security council, cioè la commissione del consiglio di sicurezza Onu dove si è simulata la crisi del Kuwait del 1990. “Rappresento lo Zaire – spiega – e ho presentato una risoluzione che fa leva sullo strumento economico per mantenere l’opzione militare come ultima ratio”. “La minaccia maggiore che grava sull’umanità – osserva – è il cambiamento climatico, se continuiamo così non avremo nemmeno più un pianeta di cui parlare, anche il terrorismo ne è una conseguenza. La globalizzazione purtroppo in questo non aiuta perché acutizza il divario nello sviluppo”.

Poco più in là c’è l’aula dove si sono tenuti i lavori dell’Assemblea generale con all’ordine del giorno la crisi dei rifugiati. “Abbiamo discusso diverse mozioni in favore degli aiuti umanitari ai profughi – racconta Rachele Podda, 18 anni, di Roma -. Io personalmente sono contraria ai muri, bisogna accogliere chi fugge da guerre e conflitti. Le elezioni americane? Non ero ispirata da nessuno dei due candidati, non credo fosse questione di decidere tra un uomo e una donna. Piuttosto mi ha deluso Donald Trump per le sue idee discriminanti nei confronti dei migranti”. Alla stessa sessione ha partecipato Alessandro Pannozzo, studente romano. A 19 anni è già manager di una sua start up: “Sviluppo applicazioni per smartphone di time management, cioè l’ottimizzazione dei tempi di gestione della giornata. Da grande però voglio fare anche il politico”.

“I ragazzi che partecipano a Cwmun sul piano concreto acquisiscono skills come il public speaking e l’utilizzo del soft power”, spiega Claudio Corbino, il catanese fondatore dell’Associazione diplomatici da cui è nata la creatura degli eventi Cwmun, l’unico progetto di simulazione che ha avuto l’ok dall’Onu per svolgersi proprio al Palazzo di Vetro dove Corbino e i suoi studenti sono sbarcati per la prima volta tre anni fa ottenendo anche, l’anno scorso, un altro riconoscimento unico, lo status di osservatore permanente all’Ecosoc. “Soprattutto – aggiunge Corbino – imparano a stare con gli altri. Dobbiamo far uscire fuori i ragazzi dalla loro stanza o dal loro cellulare per connetterli con una realtà che è fluida, cambia ogni istante”. Gli italiani? “Hanno un punto contro e uno a favore: mediamente sono meno preparati su che cosa sta succedendo nel mondo e hanno più difficoltà con l’inglese. Dall’altra parte, hanno una capacità straordinaria, rispetto alla quale sono insuperabili, di reagire all’imprevisto”.

Donne in diplomazia: ancora troppo poche. Ma la tendenza sta cambiando.

Repubblica.it

apparso il 13 Novembre 2016 – di Lucio Luca

Nel nostro Paese otto diplomatici su dieci sono uomini e le quote rosa più numerose si trovano solo nei ruoli più bassi. Il gran numero di iscrizioni femminili al Change the World Model United Nations 2016 di Abu Dhabi, dove i giovani simulano le dinamiche delle Nazioni Unite, dimostra, però, che l’interesse dell’universo femminile è forte: “Ci sono ancora tanti pregiudizi, ma spesso siamo proprio noi a tarparci le ali

ABU DHABI – Otto diplomatici italiani su dieci sono uomini. Fra i 23 funzionari del ministero degli Esteri che ricoprono il rango di ambasciatore, soltanto due sono donne (l’8,7%). Ancora peggio, in percentuale, la quota di ministri plenipotenziari (appena 15 su 177, il 7,8%). Il dato migliora, ma non di moltissimo, nei ruoli più bassi della carriera: sono donne il 15,3% dei consiglieri d’Ambasciata, si sale al 25,1% tra i consiglieri di Legazione e al 31,7% tra i segretari di Legazione. Numeri insufficienti ma tuttavia in crescita rispetto a non molti anni fa quando ­- come ricorda Laura Mirachian, ambasciatrice italiana in Bosnia durante la guerra, poi a Damasco e oggi presidente dell’Associazione donne italiane diplomatiche e dirigenti – “Noi donne rappresentavamo lo zero virgola della diplomazia italiana”.

Del resto il personale femminile nella diplomazia è un fatto relativamente recente: fino al 1967, cinquant’anni fa, infatti, il concorso era aperto soltanto agli uomini. E per giustificare una evidente discriminazione, il ministero spiegava che, come per la magistratura, le donne erano escluse perché si presumeva che avessero meno equilibrio mentale degli uomini.

Mezzo secolo dopo, per fortuna, certi pregiudizi sembrano definitivamente tramontati e lo dimostra anche la foltissima presenza di ragazze iscritte al Change the World Model United Nations 2016 che, per il terzo anno di fila, si svolge alla New York University di Abu Dhabi-Dubai. Il 45% dei partecipanti – studenti provenienti da tutto il mondo che sperano un giorno di diventare ambasciatori o di percorrere una luminosa carriera diplomatica – sono infatti donne.

Per una settimana i partecipanti al Cwmun simulano negli Emirati il meccanismo e le dinamiche di funzionamento delle Nazioni Unite. Presentano risoluzioni e si sfidano nel Consiglio di sicurezza, avanzano proposte operative e si confrontano sui temi legati al futuro del Medio Oriente. Con un obiettivo: cambiare il mondo, come recita il fortunato format ideato dall’Associazione ‘I diplomaticì guidata dal catanese Claudio Corbino. Tra i relatori anche, Claudio Zucchelli, già presidente di sezione del Consiglio di Stato, l’ex direttore del Sole 24 Ore Salvatore Carruba e il campione del mondo di Spagna ’82 Marco Tardelli, da qualche anno “ambasciatore di buona volontà” del Change The World.

“La strada per le donne in diplomazia è ancora piena di ostacoli – dice Cecilia Favi, 15 anni, napoletana del liceo linguistico Publio Virgilio Marone – perché siamo ancora costrette a scontrarci con una mentalità maschilista che ritiene spesso le donne inadatte a un certo tipo di professioni. Basta contare quante ce ne sono in politica e in magistratura. Eppure certi temi come la solidarietà internazionale richiedono una sensibilità che al genere femminile certamente non manca”.

“Ma spesso siamo proprio noi a tarparci le ali – prosegue Mavì Puglia, 24 anni, studentessa in Medicina a Roma – Forse perché non crediamo abbastanza nelle nostre capacità. Ma sono convinta che con passione riusciremo a colmare anche queste distanze”.

Un esempio negli Emirati è sicuramente il console di Dubai Valentina Setta che ha collaborato con l’Associazione ‘I diplomaticì nell’organizzazione del Cwmun 2016. “Ma se una donna ha sfiorato la presidenza degli Stati Uniti – commenta Francesca Verdi, 22 anni, abruzzese – vuol dire che certe distanze non sono più irraggiungibili. Certo, ha perso, e per noi tutte qui non è stata una bella notizia…”.

Le studentesse impegnate nel Change The World sono sicuramente tra le più attive nei lavori delle commissioni impegnate a discutere di temi caldi come l’offensiva dell’Isis, i rifugiati, le guerre e il futuro del Medio Oriente: “Peccato che a scuola non si parli abbastanza della situazione internazionale – dice Irene Pandolfi, 20 anni, di Pescara – Io credo che l’insegnamento del Diritto e della diplomazia nei licei sarebbe molto utile per i ragazzi. Studio economia e dopo questa esperienza voglio impegnarmi di più nel sociale, per capire come è possibile coniugare le esigenze finanziare ai reali bisogni del mondo”.

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Grande successo al Diplomatici International Campus 2016

Selezionati i 3 migliori candidati che faranno parte dello staff di CWMUN New York 2017.

 


Francesco Colin ha 23 anni ed è nato a Pordenone. Ma è già un piccolo cittadino del mondo: università a Forlì in Scienze Internazionali e Diplomatiche, training in Marocco, master in Francia, ogni tre mesi una destinazione diversa. È lui il primo della graduatoria (con il punteggio massimo di 100 centesimi) del campus dell’Associazione Diplomatici che si è concluso a Catania dopo cinque giorni di lavoro all’hotel Nettuno.

Al Campus, tradizionale appuntamento che chiude la stagione di formazione e conferenze in giro per il mondo, proprio nella città dove l’associazione è nata e da cui proviene il suo presidente Claudio Corbino e gran parte dello staff, si è lavorato sodo. Oltre 150 ragazzi provenienti da Italia, Spagna, Egitto, Pakistan, Stati Uniti hanno seguito i corsi di formazione dedicati alle carriere internazionali: dal funzionamento delle grandi associazioni internazionali, a come scrivere un curriculum vitae e una lettera motivazionale. Particolarmente seguiti e apprezzati (anche da tantissimi insegnanti arrivati da molte città d’Italia) sono stati i seminari, condotti da Salvatore Carrubba, ex direttore del Sole 24 ore e presidente dell’International board dell’Associazione, sui principali temi dell’attualità internazionale (Brexit, elezioni Usa, migranti e terrorismo) e di quella nazionale (crisi delle banche, legge elettorale, referendum e riforme costituzionali).

Diplomatici International Campus 2016

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Il successo e la qualità della vostra partecipazione – ha detto agli studenti Corbino durante la chiusura del Campus e alla consegna dei premi – ha fatto sì che ci siamo sentiti in dovere di aumentare i premi previsti e offriamo tre gratuità complete alla prossima conferenza di New York”.
Dice ancora Colin: “Avevo due mesi di vacanza tra un master e un altro e non volevo assolutamente restare fermo. Per questo ho visto un annuncio su Facebook dell’Associazione Diplomatici su questo Campus e ho voluto partecipare. Non ho ancora le idee del tutto chiare su quello che vorrò fare ma le opportunità che Diplomatici offre sono certamente interessanti sia a livello di esperienza come le conferenze internazionali, sia a livello di percorso lavorativo. Certamente ho riscontrato un’elevata qualità dei corsi tenuti dalle professoresse Stefania Paradisi e Valeria Lonati su tutto il mondo delle carriere internazionali”.

Al secondo posto (95 centesimi) si è piazzata Simona Muraro, palermitana di 26 anni, laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e magistrale in Relazioni Internazionali per la cooperazione e lo sviluppo: “Conoscevo Diplomatici dall’università e mi ero documentata andando anche alla loro sede di Palermo. Poi ho visto l’annuncio su Facebook e ho deciso di partecipare. Ho trovato tutto molto interessante. C’è stato modo di approfondire tanti temi e ho imparato a scrivere correttamente un curriculum e una lettera motivazionale. Era una cosa alla quale non avevo mai dato troppa importanza e invece è un aspetto fondamentale. Poi ho approfondito cosa vuol dire capacità di negoziazione. Non avrei mai pensato di vincere una gratuità al prossimo Change the World Model UN e devo dire che la cosa mi intriga. Ho già partecipato ad un’altra conferenza a New York con un’altra associazione nel 2013. Ora mi sento più matura e poi l’opportunità di svolgere i lavori della conferenza proprio dentro le sale del Palazzo di Vetro deve essere una esperienza molto stimolante e formativa”.

L’Associazione Diplomatici è la più importante organizzazione italiana nel campo della formazione studentesca a livello internazionale, famosa nel mondo per gli eventi Model United Nations. Dallo scorso aprile, poi, l’ONU ha riconosciuto all’associazione guidata da Claudio Corbino lo status di ONG con il ruolo di osservatore permanente presso l’Ecosoc, il comitato economico e sociale delle Nazioni Unite. “Dopo anni di lavoro improntato alla formazione dei ragazzi secondo i principi del confronto, del dialogo e del rispetto e di eventi organizzati proprio all’interno dell’Onu ed in altre prestigiose sedi in giro per il mondo – dice Corbino – è stato certificato dalla più importante associazione internazionale il senso del nostro impegno. Questo riconoscimento, esclusivo per l’Italia, ci riempie di orgoglio e ci spinge ad impegnarci ancora di più in quello che è il nostro obiettivo: la formazione di una classe dirigente del futuro che sappia confrontarsi e dialogare per affrontare e magari risolvere i problemi che affliggono il nostro martoriato pianeta”. Diplomatici, forte di questa partnership con l’ONU, è anche l’unica associazione che fa svolgere tutte le proprie conferenze all’interno della prestigiosa sede newyorkese per cui i circa 1800 ragazzi che ogni anno affollano l’evento lavorano proprio sugli stessi scranni e nelle stesse aule dove i diplomatici “veri” dibattono, affrontano e ogni tanto risolvono le emergenze del pianeta.

Bella Shakhmirza, arrivata terza anche lei con 95 centesimi, ha 27 anni e viene dalla Russia caucasica: “Sono un po’ terrona anch’io – dice ridendo in perfetto italiano – Sono in Italia da due anni ma avevo già studiato la vostra lingua in Russia. Vivo a Milano e mi sono appena laureata in Scienze Politiche mentre a Mosca avevo preso una laurea in Giornalismo. Ora lavoro in una scuola per bambini affetti da atrofie muscolari. L’incontro con Diplomatici è stata una occasione formidabile per riscontrare un livello di partecipazione molto alto. Si dice sempre che i ragazzi italiani siano poco interessati e svogliati. Forse ci sono anche quelli, quelli che dicono che non funziona niente, che lo Stato fa schifo ma non fanno nulla per migliorarlo. Invece in Diplomatici ho trovato persone capaci, preparate e desiderose di impegnarsi. Pieni di energie e di idee. Sono molto interessata ai training dei corsi di formazione che loro organizzano e spero proprio di riuscire a partecipare all’evento di New York e magari anche ad altri”.

Con la consegna dei premi e dei diplomi di partecipazione Diplomatici ha chiuso il suo anno di formazione e ha dato appuntamento a settembre. Prossima tappa il Change the World Model UN di Abu Dhabi e Dubai. Tema della conferenza il Medio Oriente e le turbolenze che da quell’area inverstono l’Europa. Come dire: il nostro futuro prossimo venturo visto con gli occhi dei ragazzi che vogliono cambiare il mondo.

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