WiP Kosovo 2019: grande successo per la terza edizione
Un viaggio alla scoperta del territorio del Kosovo
Il progetto WIP Kosovo 2019 consiste in un viaggio all’interno del territorio del Kosovo. Attraverso incontri con la società civile, organizzazioni internazionali, personale diplomatico e basi militari viene offerto ai partecipanti l’opportunità di comprenderne la storia, il contributo della comunità internazionale nella ricostruzione post-conflict e le prospettive di integrazione regionale ed europea.
Uno dei principali obiettivi è stato quello di analizzare e far comprendere, innanzitutto dal punto di vista storico, quanto è successo in Kosovo: la tragedia della guerra, la necessità di proteggere i diritti umani e di avviare un processo di ricostruzione economica, l’intervento delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea che ancora oggi si impegnano nel Paese, cercando soprattutto di favorire una riconciliazione inter-etnica.
Il Patriarcato di Peć e il Monastero di Visoki Dečani
Sono stati i primi luoghi che i partecipanti hanno avuto modo di visitare: importanti simboli della spiritualità serbo – ortodossa, entrambi i luoghi sono inseriti nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Presso il Patriarcato di Peć, oltre ad aver modo di entrare nel vivo nella cultura e nell’arte serba, i partecipanti hanno avuto l’occasione di incontrare il Generale Mauro del Vecchio, primo comandante Contingente Multinazionale West in Kosovo all’ingresso della NATO nel 1999.
Invece, grazie a Padre Petar, del Monastero di Visoki Dečani, il gruppo ha avuto la possibilità di conoscere la storia e ammirare il più grande affresco bizantino conservato fino ad oggi, nonché i numerosi altri affreschi conservati nella chiesa. Alcuni dei partecipanti poi hanno deciso di prendere parte alla funzione ortodossa celebrata tutti i giovedì sera e in quest’occasione hanno visto le reliquie di Santo Stefano Dečanski.
Seguendo il filo delle vicende storiche del Kosovo, dopo aver approfondito il tema dell’importanza di questa terra per la cultura serba, abbiamo affrontato quello del conflitto, delle sue vittime e delle conseguenze che permangono ancora oggi.
Una di queste, tuttora irrisolta, riguarda le “missing persons”, le persone scomparse durante la guerra e i cui resti non sono mai stati ritrovati. Oggi le loro famiglie continuano a battersi per ottenere verità sulla fine dei loro cari. Abbiamo quindi incontrato a Gjakove la Sig.ra Cerkezi, che durante la guerra ha perso il marito e i tre figli, due dei quali ancora oggi sono missing, e la Presidente dell’Associazione “Le Grida delle Madri”, Nesrete Kumnova. L’incontro ha avuto un forte impatto emotivo su tutti noi e ci ha consentito di fare un viaggio nel tempo, di tornare a quei giorni terribili della guerra e capire come, anche a distanza di venti anni, le ferite siano ancora aperte.
Un altro aspetto relativo all’impatto della guerra sui civili riguarda la vita della minoranza serba in Kosovo. A vent’anni di distanza, parte di questa si è integrata nella vita del Kosovo indipendente dalla Serbia, un’altra, invece, soffre della mancanza di prospettive economiche e di adeguata istruzione.
Altra giornata, altra visita e gli studenti hanno raggiunto il villaggio serbo di Velika Hoca
Ad accogliere i ragazzi c’era il rappresentante del villaggio, Nenad. Ha raccontato loro le ragioni del progressivo abbandono dei giovani serbi di questa parte del Kosovo. Le ragioni non sono più legate alla mancanza di sicurezza, come era stato un tempo, quanto piuttosto alla necessità di trovare lavoro e offrire ai propri figli un livello di istruzione adeguata per un futuro più dignitoso. È stato importante rendersi conto di come si viva oggi in una zona protetta dalla legge per la sua importante eredità culturale e religiosa.
L’incontro presso il Centro di Documentazione a Pristina con Humanitarian Law Center ha infine chiuso il cerchio per quanto riguarda il processo di transitional justice e riconciliazione. Particolarmente toccante è stata la mostra allestita al suo interno sugli oltre mille bambini vittime della guerra.
Conclusa la parte dedicata alla guerra e alle sue conseguenze, si è aperta quella relativa al tema della sicurezza
A Film City, dove di trova il Quartier Generale della KFOR, la forza militare internazionale a guida NATO, abbiamo incontrato il Comandante, il Generale di Divisione Lorenzo D’Addario che, insieme al Colonnello Grasso, ci hanno descritto l’evoluzione del mandato della KFOR e il ruolo che oggi svolge all’interno del Kosovo e quale sia la situazione relativa alla sicurezza nel paese. A seguire, la visita alla base militare dei Carabinieri – nucleo MSU (Multinational Specialized Unit), componente della missione KFOR. I partecipanti hanno potuto visionare, insieme al personale dell’Arma, gli armamenti e automezzi in dotazione alla MSU e ha ricevuto un briefing sul ruolo dell’Unità nell’area di Mitrovica.
Ha concluso la giornata l’incontro con l’Ambasciatore Italiano Pietro Sardi presso l’Ambasciata, durante il quale si è parlato dei rapporti fra Italia e Kosovo e le prospettive future di questo paese sia in termini economici che di avvicinamento all’UE. Al termine dell’interessantissimo briefing dell’Ambasciatore si è tenuto un rinfresco al quale hanno partecipato espatriati italiani che lavorano nelle organizzazioni internazionali e ong in Kosovo, offrendoci l’opportunità di venire a contatto diretto con alcune delle figure professionali in ambito internazionale più interessanti.
I dubbi e le domande sulle prospettive di integrazione europea del Kosovo sono stati affrontati durante l’incontro organizzato presso la Europe House a Pristina da funzionari dell’Ufficio del Rappresentante Speciale dell’UE presso il Kosovo e di EULEX. Questo incontro ci è stato molto utile per capire le sfide poste dal capacity building internazionale e dal raggiungimento dei requisiti necessari per procedere sulla strada dell’avvicinamento all’UE. Non ultimo, naturalmente, l’andamento del Dialogo fra Belgrado e Pristina per la normalizzazione dei loro rapporti.
Durante la penultima giornata in Kosovo i ragazzi hanno visitato la città di Mitrovica
Chiamata anche la “Berlino dei Balcani”, essendo divisa dal fiume Ibar, fin dalla guerra nel 1999, in due zone: la zona nord la cui maggioranza degli abitanti è di etnia serba, e la parte sud di maggioranza albanese. Dopo aver visitato l’ufficio dell’OSCE situato nella parte sud della città, ci siamo recati al ponte di Austerlitz, ponte sul quale non è permesso il transito dei veicoli e che è strettamente sorvegliato da entrambe le estremità da personale armato dei carabinieri e occasionalmente anche dal personale KFOR e costantemente monitorato attraverso telecamere di sicurezza. Costato milioni di euro, il ponte più che un simbolo di unione sembrerebbe quasi un simbolo di divisione.
La contrapposizione etnica tra le due parti si presenta in modo palese e tangibile se ci si sofferma su certi aspetti. Un esempio molto concreto è il tipo di valuta usato: nella parte sud viene utilizzato l’euro, mentre nella parte nord si utilizza dinaro serbo; oppure le targhe dei veicoli, targati RKS (Repubblica Kosovara) al sud e SRB (Serbia) a nord; o ancora l’alfabeto utilizzato, quello latino al sud e quello cirillico a nord e la doppia indicazione delle località e/o distretti è indicata prima in serbo e poi in albanese. Al suono dei canti della moschea situata nella parte meridionale si contrappone il suono delle campane della chiesa ortodossa che si staglia all’ingresso della parte settentrionale.
Ma la cosa che risalta subito all’occhio mentre ci si trova ancora sul ponte, sospesi fra le due parti, sono i graffiti disegnati sui rispettivi muraglioni del ponte. Dal lato albanese si nota subito una scritta in verde a caratteri cubitali rivolta all’altra sponda ‘A.S.A.B.’, tanto ironica quanto emblematica. Sul muraglione serbo, invece, rivolti alla parte sud, si leggono svariati graffiti in cirillico e altri in inglese, dei quali un ‘Serbia is Kosovo’, contrapposto ad uno speranzoso ‘give peace a chance!’. Una volta attraversato il ponte non ci si può non accorgere del patriottismo serbo di Mitrovica nord, la cui strada che continua dal ponte si trova interamente tappezzata di bandiere serbe, murales e opere celebrative serbe, tra le quali una statua di Prince Lazar Hrebeljanović di Serbia.
Ecco dunque il manifestarsi di un fenomeno che si è ritrovato spesso in questo viaggio alla scoperta delle radici della repubblica Kosovara: in mezzo a tanti avvenimenti, simboli e narrazioni contrastanti fatti propri dalle due etnie al fine di rivendicare la propria identità sull’altro, spuntano elementi di unità, come il monumento per i caduti sul lavoro, che accomunano la storia personale degli abitanti di questo dibattuto territorio. E anche il ponte Austerlitz, dal canto suo, seppur imposto, e magari non accettato, è oramai impiantato nel territorio; esso simboleggia tanti discorsi teorici che possono prendere vita, come la tanto auspicata convivenza messa in pratica con l’unificazione di una città, Mitrovica, tramite la costruzione di un ponte che aspetta solo di essere usato.
Le visite al Villagio Italia e la città di Prizren
Infine, l’ultimo giorno è stato passato fra la visita a Villaggio Italia, sede della KFOR italiana, dalla quale dipende la protezione del Monastero di Visoki Decani, dove siamo stati ospitati dal Comandante per pranzo e dove abbiamo assistito ad un’esercitazione di gestione della folla, e la visita libera della città di Prizren. Con quest’ultima, che mostra ancora una forte impronta ottomana, si è chiuso il cerchio sull’importanza del Kosovo per la popolazione albanese: luogo storicamente importante per il sentimento di unità della nazione albanese, qui nell’800 si tenne la riunione che diede vita alla Lega di Prizren.
Scarica il Report di WiP Kosovo 2018
Stefania Paradisi
Responsabile Relazioni Esterne e Didattica
Associazione Diplomatici